L'articolo che riporto è davvero esilarante, anche ben scritto (ne converrete con me)... riguarda una delle direttive aziendali più pubblicizzate nei giorni scorsi, ossia quella imposta da alcune aziende di non indossare la cravatta in ufficio per tollerare meglio le alte temperature stagionali.
Ho sempre pensato che è meglio una semplice camicia, possibilmente scelta con buon gusto, che un abito giacca e cravatta nel bel mezzo del mese di agosto, mi pare molto più salutare e igienico.
Solo un cretino può non aver mai desiderato togliersi quella maledettissima cravatta in pieno agosto !!!
La genialata da diffondere attraverso i media sta nel fatto che se togli la cravatta allora possiamo diminuire potenza ai climatizzatori, quindi consumare meno energia elettrica --> quindi inquinare meno !!!
I media sono impazziti per questa straordinaria notizia, in scaletta rigorosamente dopo l'ultima uscita di Paris Hilton dal carcere... e l'ENI è stata la prima grande azienda e girare una direttiva fra i propri dipendenti "
consigliando" di evitare l'uso della cravatta. Da lì l'articolo di uno che guardà un pò
le cravatte le produceCaro direttore, l'Italia si conferma uno strano Paese. Un Paese in cui una grande compagnia petrolifera ha deciso di lanciare una forte campagna ambientalista e progressista — ripresa e amplificata da tutti i giornali — contro l'uso della cravatta,ritenuta la vera responsabile dell'inquinamento ambientale. Questi "petrolieri ambientalisti" hanno trovato anche uno slogan suggestivo: l'Eni si toglie la cravatta, nell'intento di indurre i cittadini a comportamenti virtuosi e ridurre così l'emissione dei gas serra. Ecco qua. Finalmente ci viene proposto qualcosa di concreto per salvare il pianeta! Possiamo tranquillamente continuare con i nostri stili di vita, usando le automobili, consumando combustibili, riscaldando e refrigerando a piacimento le nostre abitazioni e così via. A una condizione, però: che mentre consumiamo non indossiamo la cravatta.
Si fa appello a tutte le grandi aziende perché prendano esempio. Il presidente della commissione Ambiente della Camera plaude all'iniziativa anticravatta e auspica che questa svolta ambientalista venga attuata in tutti i posti di lavoro.
Il ministro non solo approva, ma ha «già dato indicazione di non mettere giacca e cravatta» negli uffici del ministero.
Wwf e Legambiente si rallegrano entusiasti. Qualcuno più ispirato degli altri sta già pensando di organizzare un "no cravatta day" in Parlamento.
A dire il vero c'era già stato qualcuno che nel rilanciare il business automobilistico italiano aveva dato il "buon esempio", presentandosi alle riunioni senza cravatta. Avevamo inizialmente pensato a una scelta di stile. Ora possiamo ragionevolmente supporre che si sia trattato anche in questo caso di una svolta ambientalista, e questo ci rassicura.
Ora, caro Direttore, si metta nei miei panni. Ho 25 anni e ho rilevato da poco, con notevoli sacrifici economici familiari, un'azienda artigianale che produce e vende (venderebbe) cravatte e altri accessori di abbigliamento. Ho quattro dipendenti e sto faticosamente cercando di affermare la mia attività sul mercato. La lettura dei giornali di questi giorni mi ha bruscamente portato a confrontarmi con le mie responsabilità sociali. Ho infatti scoperto di maneggiare un business accusato di danneggiare l'ambiente. I miei potenziali clienti potranno ora giustamente respingere le mie proposte, adducendo fondati motivi di sicurezza nazionale e globale. La mia seta pura, da me finora ritenuta innocente fibra naturale, in realtà sembrerebbe essere un potenziale fattore di danno per l'atmosfera.
Avessi dato retta ai miei amici e invece di occuparmi di cravatte mi fossi messo a fare il petroliere.
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