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Autore Discussione: Come si emigrava? Oltreoceano  (Letto 15007 volte)
Palermo Calcio

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« Risposta #15 inserita:: 07 Luglio 2008, 03:57:33 »



le più belle ragazze preferivano "u sbirgisi" che tornava in Sicilia con le valigie colme di cioccolata Côte d'Or e sigarette seconde solo alle americane... In questo periodo di gran bisogno molte ragazze sposarono giovani poco adeguati a loro fisicamente ed intellettualmente per amore del benessere: molti drammi si sono consumati per questa ragione. E' il caso di ripetere il detto villarosano "a la facci di lu bisugnu!"
Tante storie potrebbero essere raccontate in anonimato ed a ciò potrebbero collaborare, se non i primi che partirono, figli e nipoti
La Storia si ripete, allora i Belgi non volevano più lavorare in miniera e lasciavano quel lavoro ad italiani, spagnoli, polacchi e turchi; oggi gli italiani schifano certi lavori e li riservano agli stranieri. Cambiano i personaggi ma la trama è sempre quella.


Parole d'oro quelle rivolte agli Italiani che di questi tempi schifano certi lavori che gli stranieri invece fanno!!!  Braaavo!

Simpatica anche la storia che non conoscevo delle ragazze più belle che preferivano i "sbirgisi" ai baldi giovani locali...  :-D
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« Risposta #16 inserita:: 07 Luglio 2008, 21:53:59 »



Dovevo avere non più di 13 anni, intorno all'anno 1946 o 1947, quando la disoccupazione a causa delle miniere chiuse era al massimo e lessi un avviso al pubblico dove si invitavano i lavoratori siciliani ad emigrare in Belgio nelle miniere di carbone. Non ricordo di preciso come avveniva il reclutamento ma centinaia di giovani s'iscrissero e partirono, senza avere l'idea di dove si trovasse questa terra. Io ero sempre appassionato di geografia perchè durante la guerra stavo attaccato alle cartine geografiche per seguire le vicende belliche. Ricordo di un giovane di circa 8 anni in più di me, oggi se vivente ancora in Belgio che aveva le idee un po' confuse (e non era il solo). Data la confidenza che c'era, volli spararla grossa e gli dissi che la luna in Belgio era quadrata. Rimase poverino scioccato e si rivolse a mio padre per averne conferma.
Belgio, tradotto in villarosano, divenne Sbergiu, praticamente come il tipo di pesca a pelle liscia che oggio chiamiamo noce pesca. Gli stessi nostri lavoratori in Belgio erano chiamati "sbirgisi". La vita di questi primi pionieri era dura, "pirriatura" provetti con lo zolfo si trovarono in difficoltà perchè il tipo di scavo era diverso, si doveva lavorare persino a pancia  a terra per seguire lo strato di carbone. Per non parlare poi della silicosi che cominciava a minare i polmoni abituati a ben altra polvere, quella di "pirrera di surfaru" meno micidiale. Vivevano lassù in baracche, ma abbondava il carbone da riscaldamento. La paga era buona e cominciarono a conoscere un'alimentazione che in Sicilia potevano solo sognarsela. Numerose mogli rimaste in Sicilia riuscivano a stare benino utilizzando semplicemente gli assegni familiari corrisposti da quella Previdenza Sociale per la prole. Insomma il Belgio divenne subito una piccola America. I minatori scapoli tornavano in ferie al paesello e andavano in matrimonio in famiglie socialmente più avanzate o le più belle ragazze preferivano "u sbirgisi" che tornava in Sicilia con le valigie colme di cioccolata Côte d'Or e sigarette seconde solo alle americane... In questo periodo di gran bisogno molte ragazze sposarono giovani poco adeguati a loro fisicamente ed intellettualmente per amore del benessere: molti drammi si sono consumati per questa ragione. E' il caso di ripetere il detto villarosano "a la facci di lu bisugnu!"
Tante storie potrebbero essere raccontate in anonimato ed a ciò potrebbero collaborare, se non i primi che partirono, figli e nipoti
La Storia si ripete, allora i Belgi non volevano più lavorare in miniera e lasciavano quel lavoro ad italiani, spagnoli, polacchi e turchi; oggi gli italiani schifano certi lavori e li riservano agli stranieri. Cambiano i personaggi ma la trama è sempre quella.


ecco il manifesto a cui si riferisce osvaldo
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« Risposta #17 inserita:: 08 Luglio 2008, 00:08:02 »

ecco il manifesto a cui si riferisce osvaldo

Rommel, ma come l'hai trovato!!! Incredibile!!!  Oooh

Bravo a te ed ad osvaldo che siete i migliori interpreti della memoria storica Villarosana!!!  Braaavo!  Applauso
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« Risposta #18 inserita:: 17 Luglio 2008, 11:21:04 »

Negli anni trenta ,all'età di 15 anni un fratello di mia mamma espresse il desiderio di andare in America dai fratelli .I miei nonni, inizialmente si opposero ,ma fu del tutto inutile , il ragazzo era molto determinato .Andare in america per un minorenne all'epoca era molto difficile ,i miei nonni si affidarono ad un villarosano , un certo" Don Agostino Gelfo "  il quale aveva albergo a Palermo e aveva dei contatti con certi palermitani , questi dopo una cifra molto consistente per qui tempi riuscirono a farlo partire : I nonni per pagare il biglietto per la nave e per tutta la documentazione" falsa" dovettero vendere tutto il raccolto del grano e delle mandolrle inoltre con il Gelfo contrassero un debito che pagarono per parecchi anni .
Nel dicembre del 1930 mio zio parti da Palermo , di giorno insieme ad altri sventurati e ai topi stava  rintanato nella stiva, di notte poteva uscire per cercare di rubare qualcosa da mettere sotto i denti . In mare ci rimase circa 3 mesi , quando sembrava vicino la metà tanto desiderata "l'America " fu scoperto e fatto sbarcare a Cuba dove vi rimase per circa 4 anni .Qui per vivere dovette fare i lavori più umili e difficili .I fratelli che stavano in America sempre tramite dei palermitani ,pagando una fortuna , riuscirono a farlo entrare in America . Per il periodo in cui lo zio rimase a Cuba i miei nonni non ricevettero  mai sue notizie . Nel 1960 lo zio ritornò per una breve vacanza a Villarosa , a chi gli chiedeva come aveva trascorso quegli anni a Cuba , nella sua voce si esento parlare degli scafisti che si approvittano della povera gente che vuole venire in Italia   mi viene da dire  un detto che diceva sempre la mia mamma "munnu iera è munnu ie"
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