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Autore Discussione: I drammi dell'emigrazione  (Letto 31752 volte)
jack_sparrow


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« Risposta #30 inserita:: 20 Settembre 2008, 23:59:24 »

bella bella bella 
Applauso Applauso Applauso

Grazie di cuore!
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« Risposta #31 inserita:: 25 Settembre 2008, 00:42:29 »

 Grande! come al solito osvaldo, grazie!!!  Buono!  Sicilia!
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osvaldo

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« Risposta #32 inserita:: 24 Settembre 2009, 20:59:11 »

                                                                                                        QUANNU LA VIJU L’AMMAZZU

                Quand’ero ragazzino con Mastru  Giuguanninu  avevo un rapporto  tacito ed esclusivamente “professionale” . Egli era addetto alla nettezza urbana  e col carretto trascinato da un mulo faceva il giro del paese, toccando le vie principali che corrispondevano grosso modo alla strade dei Santi, cioè al tragitto delle processioni religiose. Il carretto stazionava in posti fissi per qualche minuto e  quanti avevano immondizie da smaltire le andavano a versare sul veicolo.
A casa mia generalmente questa mansione era affidata a me che ero il maggiore dei figli. L’ altezza di ragazzino non mi consentiva  di rovesciare il contenuto do cufiniddu  al di là delle sponde del carro. Mastru Giuguanninu, che biascicava  di continuo un’incomprensibile litania, mi toglieva di mano il contenitore, lo svuotava e me lo restituiva, senza nemmeno considerare la mia presenza, del resto come quella di qualunque altro cittadino.
             Quando io lo conobbi egli era in età matura, ma si intravedeva in lui la costituzione fisica d’un bell’uomo: era più alto della media degli altri cittadini; aveva larghe spalle, che accennavano a curvarsi. Io cercavo di vederlo fuori dal contesto del suo lavoro, che in quel tempo era considerato degradante, e trovavo in lui i canoni d’un mancato attore.
Quello che mi lasciava sconcertato ed anche un po’ turbato era quel borbottare continuo, sommesso  e monotono.
Il misterioso ed inusuale atteggiamento non mi incuteva timore, ma suscitava in me una grande legittima curiosità.
Dai miei appresi che poverino era rimasto sconvolto dall’abbandono subito da parte della moglie; che però era innocuo e pacifico e che andava ripetendo senza sosta: - Quannu la viju l’ammazzu.
            Alcuni anni dopo da un parente appresi maggiori particolari sulla triste storia del congiunto.
            Era partito da Villarosa per gli Stati Uniti giovanissimo, tanto che ritornato, uomo maturo,  mantenne il diminutivo del suo nome a dispetto della sua possanza fisica.
            In America subito trovò lavoro non qualificato: era analfabeta, perché avviato fin da piccolo alla vita dei campi, inoltre, non aveva la minima conoscenza non solo della lingua inglese, ma nemmeno di quella italiana. Nella società industriale trovò la mansione confacente al suo stato e  guadagnava quanto bastava a se stesso e riusciva a mandare qualche dollaro alla famiglia in Italia.
            La corporatura imponente, le fattezze piacenti  non potevano passare inosservate in modo particolare  alle giovani donne  d’una cultura diversa assai da quella della Villarosa del primo decennio  del ‘900.
            Esse cominciarono a circuirlo e presto lo introdussero in rapporti fra i sessi inimmaginabili per il contadino siciliano.
            I paesani lo avvertirono di stare attento perché a seguito di quella bella vita potevano scaturire brutte sorprese.
            Giuguanninu non diede retta a quelle sagge raccomandazioni.
Nel lavoro faceva progressi per la sua instancabilità, perchè abituato fin da bambino a faticare in campagna dall’alba al tramonto.
           Ora guadagnava bene e spendeva tutto nell’allegra compagnia.
           Finì con lo sposare una giovane americana lontana dalla cultura del risparmio, amante della bella vita anche da maritata.
           Un giorno il nostro concittadino, tornando stanco dal lavoro, trovò la casa svuotata degli effetti personali della consorte: era fuggita con un altro giovane in un diverso Stato dell’Unione.
           La vita di Giuguanninu fu scombussolata al massimo. Per lui il matrimonio era considerato a vita come al suo paesello. Da quel momento entrò in profonda crisi e non ne uscì mai più.
           Vagava per le vie della città da straccione, ripetendo  la litania della sua truce quanto improbabile vendetta che l’accompagnò fino alla fine dei suoi giorni.
           I paesani, pietosi verso il poveretto,  gli pagarono il viaggio di ritorno a Villarosa, nel suo antico nido, lontano da tristi ricordi che purtroppo risultarono decisamente indelebili.

« Ultima modifica: 24 Settembre 2009, 21:04:37 da osvaldo » Registrato

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jack_sparrow


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« Risposta #33 inserita:: 25 Settembre 2009, 12:23:22 »

Grazie Osvaldo anche per questa storia  Applauso
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« Risposta #34 inserita:: 25 Settembre 2009, 12:44:13 »

Osvaldo, ma nelle tue storie che sono realmente accadute, non e che le puoi associare anche con qualche foto?
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osvaldo

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« Risposta #35 inserita:: 25 Settembre 2009, 20:54:54 »

Nicò, ti pare che il mondo è stato sempre come oggi?
Sognai un macchina fotografica per quasi tutta la mia giovinezza, solo a 28 anni comprai, di seconda mano, un Voitlander Vito C, per fotografare mio figlio che stava per nascere.
In quel mondo duro c'era però la speranza, in quello d'oggi anche quella è negata a tanti giovani, anche se hanno lo  stereo, il PC, l'auto di papà...
Papà tuo, mio amico, ti saprebbe illuminare bene su quello che fu la nostra giovinezza... La tua mamma è della mia generazione: chiedi.
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« Risposta #36 inserita:: 25 Settembre 2009, 22:21:57 »

sapevo anche di paesani che tornavano per maritarsi con villarosane, evitando brutte sorprese...
e poi portandole con loro all'estero
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« Risposta #37 inserita:: 26 Settembre 2009, 00:04:58 »

sapevo anche di paesani che tornavano per maritarsi con villarosane, evitando brutte sorprese...
e poi portandole con loro all'estero

Esatto. Ma non tutte le ciambelle riescono col buco. Questa era infatti l'intenzione dello sposo di Carmina a Camiola, ma...
Giuguanninu non volle accettare i saggi consigli degli amici  che avevano più esperienza ed intuito di lui.
Venivano anche donne attempate a cercar marito a  Villarosa. Ricordo il caso di un nostro concittadino che ne sposò una di queste che avendo il potere economico si sentiva la... regina dei dollari. Il povero marito si confidava con un amico: - Caro mio, io sono un sottogiaciuto...
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« Risposta #38 inserita:: 30 Settembre 2009, 10:41:55 »

Grazie osvaldo  Buono!
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