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Autore Discussione: Il 1943 sotto le bombe  (Letto 56303 volte)
osvaldo

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« Risposta #45 inserita:: 21 Dicembre 2007, 00:40:21 »

                                        8 SETTEMBRE 1943

Quanti avvenimenti erano accaduti negli ultimi mesi, precedenti a questa fatidica data!
Passano anni per un cambiamento, ma poi basta poco per capovolgere il tutto.
Era soltanto nella primavera di quel 1943 che, almeno dal punto di vista di noi ragazzi, si sperava ancora di vincere la guerra.
Villarosa situata sulla statale n. 121 Catania-Palermo era un punto di transito per uomini e cose. Si fermavano per una sosta lunghe colonne d’autocarri e noi ragazzi sbirciavamo per vedere cosa ci fosse sopra. Scorgevamo delle grosse bombe d’aereo e quello che mi meravigliava era il fatto che sulle stesse di colore verde militare spiccavano stampate delle scritte in bianco, coi nomi di Roosvelt, Churchill, GeorgeVI, … La cosa mi non mi convinceva, ma riflettendo capii che forse era una speranza e un augurio, almeno da parte nostra e tedesca, che quelle armi micidiali, colpissero direttamente sulla testa i capi degli Stati nemici.
I ragazzi cercavano di familiarizzare coi nostri soldati e qualcuno ci provava: - Milità m’a duna na pagnotta?
Non vidi mai pagnotta passare nelle mani di qualche ragazzo fortunato.
Quanta differenza fra i nostri soldati e quegli altri che avremmo conosciuto a metà luglio…
I nostri non erano meno generosi, forse avevano più cuore degli altri, solamente erano poveri in canna quanto tutti gli altri Italiani che avevamo assicurata, pagandola a prezzo calmierato, solo 150 grammi di farina al giorno.
L’argent fait la guerre, dicono i francesi. Mussolini voleva farla a colpi di baionetta… e a pancia vuota.
Malgrado tutto i ragazzi erano allegri e facevano sorridere i soldati, che erano anch’essi figli di mamma, soltanto appena un po’ più grandi di loro.
Gli occhi di costoro, com’era naturale, andavano ai balconi dei due corsi lungo i quali sostavano gli autocarri e cercavano di familiarizzare con ragazze dell’altro sesso. I tempi erano diversi degli attuali e le ragazze erano costrette dall’occhio sociale a far le ritrose.
C’era allora, in un primo piano del corso Regina Margherita una giovane donna di buona famiglia che come tutte le sue coetanee non usciva di casa ed era molto riservata. Non so come avrà potuto conoscere un caporale dal momento che i militari erano sempre di passaggio. Forse qualche compagnia era di stanza a Villarosa e la cosa mi sarà sfuggita: ero sempre il ragazzino di nove anni, non molto strataluru.
I ragazzi provocatoriamente cantavano sotto la finestra di questa poverina, sulle note di una canzoncina allora in voga:
Carmelina affacciata a’ finestra,
con la penna e il calamaio,
che scriveva una letterina
per mandarla al caporale…

[c’è un seguito che io non ricordo più: spero che ci sarà senz’altro qualcuno che se lo  ricorderà… ]
Comunque siano andate le cose ricordo che Carmelina poco dopo sposò, pare, un militare e andò a vivere fuori Villarosa: si trattava del caporale della canzoncina dispettosa? Non so.
Avevamo seppelliti i morti del bombardamento del 25 luglio; agosto era già passato; la gran parte della popolazione che non aveva parenti in armi aveva quasi archiviato la guerra… La guerra ch’era passata da Villarosa aveva lasciato non più di dieci morti in tutto, ma almeno una trentina di cittadini e bambini avrebbero perso la vita nei mesi e gli anni successivi a causa dei residuati bellici.
Pomeriggio dell’8 settembre, si sente dire che qualcosa di nuovo era successo, al solito le poche radio esistenti tacevano per mancanza di corrente elettrica. C’era nervosismo nell’aria; mio padre non lo lasciava trasparire ma il suo pensiero era sempre a suo fratello Peppino, di cui non avevamo più notizie e i cui resti li avremmo ricevuti qualche anno dopo composti in una cassetta .
Una voce in piazza passava da un crocchio all’altro: - Alla cabina c’è corrente!
I cittadini presenti, ed io con mio padre, movemmo i passi all’estremità nord del corso Regina Margherita, alla unica cabina di trasformazione, ancora oggi esistente. Su una finestrella in alto fu piazzata una radio; le fu data finalmente la corrente ma s’udì soltanto un gracchiare continuo, incomprensibile. Tutti si guardavano in faccia sperando che l’altro avesse capito qualcosa. I crocchi così com’erano scesi laggiù tornarono delusi in piazza, senza nulla sapere di più del niente che sapevano.
Nei giorni seguenti si cominciò a sapere dell’Armistizio, ma i termini precisi non li seppe nessuno,  del resto forse nemmeno i contraenti responsabili che buttarono l’Italia, il suo esercito e il suo popolo allo sbaraglio, in mano all’ex allegato tedesco divenuto, dall’oggi al domani, invasore.
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« Risposta #46 inserita:: 21 Dicembre 2007, 10:49:02 »

due cose:
la prima riguardo i mezzi che transitavano, italiani penso, con le bombe con su scritti i nomi dei nemici risale ai giorni prima dello sbarco o successivi?

sull'armisitizio cosa accadde in paese si festeggiò o qualcuno si mise a cancellare le scritte del regime non so raccontaci?

ma sopratutto in paese sapevate dell'arresto di Mussolini avvenuto ovviamente prima?
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« Risposta #47 inserita:: 21 Dicembre 2007, 21:34:15 »

                                    PRECISAZIONE SU 8 SETTEMBRE E ALTRO

Ho ritenuto che risultasse chiaro che si trattava di un flash back, per mettere in risalto la condizione diversa dei due eserciti che si erano avvicendati nel giro di pochi mesi nella nostra cittadina. Poi la mia è stata la cronaca di quel giorno. Non ricordo quando si seppe dell'arresto di Mussolini, ma non molto lontano nel tempo. Anche se il semplice cittadino non era nella possibilità d’accendere una radio, gli americani lo erano e senz’altro l’avranno comunicato ai cittadini di Villarosa, in quanto fatto storico di grande rilevanza, tramite l’interprete locale che era il nostro concittadino Michele Pastorello, che era stato molti anni negli USA come emigrante.
In quanto a festeggiamenti non me ne ricordo, ma di sicuro gli antifascisti, della prima e ... quelli aggiuntisi all'ultima ora, avranno giubilato inscenando qualche cerimonia, magari al Monumento ai Caduti, ma resta sempre e solo una mia supposizione.
So che gli americani favorirono la formazione d'un comitato d'epurazione dei fascisti locali, ma non ci furono gravi ritorsioni nemmeno sull'ultimo segretario del Fascio, il capo stazione Guido Tajana. Furono schedati, oltre a quest’ultimo, il segretario del Comune e comandante della Milizia fascista Emilio D’Amico, di Catania; gli impiegati comunali Giuseppe Bruno e Zito Giacomo; d’altri non ho notizia.
Che non abbiano subito restrizione alcuna, ne sono personalmente certo  in quanto mi ricordo che mentre scappavo con mio padre verso casa durante il bombardamento del 25 luglio di cui ho trattato, con noi c'era pure il Tajana, da libero cittadino: avevo omesso di dirlo in quell’occasione, perchè in quel contesto non era importante.
« Ultima modifica: 22 Dicembre 2007, 19:55:47 da osvaldo » Registrato

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« Risposta #48 inserita:: 22 Dicembre 2007, 20:14:26 »

quindi riepilogando una serie di bombardamenti americani ebbero luogo dal 10 al 12/14 luglio
caduti 1/2 nel primo
tedeschi o italiani, tra il 25 luglio ed il 30
7 nell'ultimo

confermi osvaldo?
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« Risposta #49 inserita:: 23 Dicembre 2007, 23:40:54 »

Io ricordo del mitragliamento e bombardamento in paese il 12 luglio 1943: vittima nota a me, per la ferita andata in cancrena, il cavaliere Salvatore Curione.
Il 25 luglio 1943, bombardamento tedesco al campo militare americano con 7 morti civili e 25 feriti.
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« Risposta #50 inserita:: 24 Dicembre 2007, 10:37:54 »

dove erano accampati les americains?
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« Risposta #51 inserita:: 22 Febbraio 2008, 22:03:55 »

                                                   U COMMISSARIU AMIRICANU

È curioso che certi avvenimenti eclatanti vengano rimossi, o quasi, dalla memoria collettiva. Forse una ragione c’è: non fa piacere ricordare qualcosa che si è rivelato spiacevole, a quanti siano stati gabbati dal furbastro di turno.
Io il ricordo ce l’ho nitido forse perché tra i miei familiari non fu beffato nessuno, solo perché non eravamo in commercio né eravamo intrallazzisti.
L’episodio m’era rimasto fisso in memoria, non tanto per il gabbo giocato ai villarosani, quanto per un particolare “teatrale” che allora fece alquanto scalpore.
Prima di mettere su carta questi antichi miei ricordi cercai di trovare qualche altro particolare tra conoscenti più anziani di me. Nessuno degli interpellati ricordava qualcosa, tranne R.D. che aveva avuto raccontato proprio poco tempo prima il particolare sensazionale da un altro nostro concittadino N.G., vivente e un po’ più grande di me, ca iva o mastru presso il calzolaio che allora andava per la maggiore.
Fine estate 1943: i soldati alleati, già accampati o cantiri, avevano lasciato Villarosa, quando si presentò all’amministrazione provvisoria un signore ben vestito che parlava, oltre che in italiano, in un inglese perfetto, tanto che non destò sospetto alcuno in don Michele Pastorello, che, essendo stato molti anni negli USA, aveva fatto fino a qualche mese prima da interprete tra i soldati anglo-americani e il comitato antifascista, appena creatosi.
Il forestiero si presentò come Commissario americano e fu ricevuto con gran rispetto e timore. Divenne il Personaggio indiscutibilmente più importante di Villarosa e  rimase in paese per diversi mesi e senz’altro fino all’inverno, perché il ricordo fisico di lui mi è rimasto impresso: alto, serio, distinto, e, cosa rara per i tempi di guerra, con  un cappotto blu d’ottima stoffa e d’ineccepibile confezione.
Frequentava in special modo commercianti e intrallazzisti di Villarosa, i quali facevano a gara per entrare nelle sue grazie.
A tale personaggio non poteva mancare di certo un gesto naturale per introdursi negli ambienti borghesi del piccolo centro, che farsi fidanzato. Si dichiarò con  la matura cognata di un noto sottufficiale dei carabinieri, da molti anni residente in Villarosa. La scelta allora parve naturale, ma, a pensarci bene, non doveva essere casuale: forse aveva bisogno di scroccare qualche notizia riservata al cognato che in perfetta buona fede poteva procacciargli e così correre in tempo ai ripari in caso di pericolo per lui: ben sapeva che prima o poi si sarebbe dovuta scoprire la grande truffa che stava architettando.
In tutto il paese non si parlava altro che della bella coppia che si era formata, dei ricchi regali che il ricco americano faceva alla fidanzata….
Ma quello che sbalordì i villarosani fu il gesto teatrale della presa della misura del piede per la confezione delle scarpe della futura sposa.
Il Commissario fece venire in casa dell’amata il signor Giovanni D., che al momento era il calzolaio alla moda del paese. Il piedino della sua bella non era degno di posarsi a terra su un cartone o altra materia vile come si usa per le comuni mortali, ma su qualcosa di eccezionalmente prezioso, così, tra lo  sbigottimento di tutta la famiglia della futura consorte, do mastru che prendeva le misure e do giùvini che l’accompagnava, egli estrasse da una tasca della giacca un grossa mazzetta di bigliettoni da mille lire, la stese a terra e vi fece posare il piedino della sua bella.
La fiaba era paragonabile a quella di Cenerentola per via della scarpetta e della ricchezza del Commissario, novello Principe.
Purtroppo la fola s’infranse di colpo: nottetempo sparì da Villarosa l’abile Principe, senza lasciare traccia di sé.
Di tale episodio se ne parlò per gran tempo, ma poi sempre meno fino a farlo svanire dalla memoria dei più.
Senz’altro ci sarà stato lo zampino di coloro che avevano tutto l'interesse a coprire con un velo di silenzio tutta la vicenda, poco piacevole specialmente per gli Amministratori provvisori che se l’erano accolto al Municipio e per quanti s’erano lasciati raggirare per l’avida cupidigia di privilegi e la frenesia di maggior guadagno.
« Ultima modifica: 22 Febbraio 2008, 22:41:46 da osvaldo » Registrato

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« Risposta #52 inserita:: 23 Febbraio 2008, 10:01:30 »

questo personaggio, non ha lasciato traccia del suo operato? ha firmato qualche contratto, qualche promessa di matrimonio?

e poi il nome era vero?

Gli americani dove erano accampati al cantiere di preciso, oggi è tutto un palazzo, ma ci puoi dire qualcosa in più.

Io
da bambino ricordo una forchetta e un coltello con scritto US army, trovato al cantiere, quando ancora non c'erano i palazzi, ma forse è un ricordo sbiadito
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« Risposta #53 inserita:: 23 Febbraio 2008, 19:02:09 »

questo personaggio, non ha lasciato traccia del suo operato? ha firmato qualche contratto, qualche promessa di matrimonio?

e poi il nome era vero?

Gli americani dove erano accampati al cantiere di preciso, oggi è tutto un palazzo, ma ci puoi dire qualcosa in più.

Io
da bambino ricordo una forchetta e un coltello con scritto US army, trovato al cantiere, quando ancora non c'erano i palazzi, ma forse è un ricordo sbiadito

Ero un bambino di nove anni attento a quanto si diceva ma non mi avventuravo perchè ubbidivo ai buoni consigli dei miei. L'accampamento americano era situato nell'unico posto possibile, dove oggi sorge la scuola Villanova, l' asilo nido (mai utilizzato) e la zona retrostante. Le sole case iniziate coi muri esterni e senza tetto erano quelle della via a sinistra guardando dallo stradale per Villlapriolo e altre due in alto in fondo alla via Pola. I pericoli non erano immaginari, ma reali; come già ho scritto in quel luogo vi trovò la morte Fifuzzu Lentini, della mia età. Si disse che morì per lo scoppio d'una bomba a mano, ma una persona grande mi assicurò anni dopo che la ferita in testa non era uno squarcio, ma il buco provocato da pollottola di fucile, forse sparato da qualche soldato ubbriaco.
Dopo negli stessi anni lo spiazzo fu utilizzato per campo sportivo e altro terreno libero restava utilizzato dal pubblico che accorreva numeroso. Sempre per dare notizie sul passato, ma fuori del nostro discorso, per campo sportivo fu utilizzato successivamente un pianoro alla Garciulla, appena dopo la casa di campagna di tuo zio Vincenzo.
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Ragazzo morto guarda spettaculo de la vita


« Risposta #54 inserita:: 24 Febbraio 2008, 12:07:15 »

Ragazzi ho la pelle d'oca..
Non avevo ancora letto questo topic..
Vorrei fare i complimenti ad Osvaldo per la sua testimonianza... Grande!
Rommel... Braaavo!
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CHI SORVEGLIA I GUARDIANI..?
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« Risposta #55 inserita:: 24 Febbraio 2008, 15:19:09 »

l'hai letto tutto, no?
passalo pagina per pagina
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« Risposta #56 inserita:: 24 Febbraio 2008, 15:19:56 »

ma tale lentini, morì nel 1943, deduco?
ricordi il mese?

quanti anni aveva?

fu soccorso dagli americani?

ci furono altri feriti? se no allora fu un colpo di fucile

che compiti svolgevano gli americani?
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« Risposta #57 inserita:: 24 Febbraio 2008, 15:25:03 »

Osvaldo come sempre grazie mille per i racconti bellissimi di cui ci fai dono!!!
  Grande!
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« Risposta #58 inserita:: 25 Febbraio 2008, 00:19:09 »

                                                                    LE VITTIME INDIRETTE DELLA GUERRA A VILLAROSA

Potrà sembrare strano ma le vittime villarosane dell’11 e del 25 luglio 1943, ad invasione avvenuta,  si moltiplicarono per 3 o 4 volte, non tanto per eventi bellici ma per fatti solamente riconducibili ad essi.
Il passaggio degli eserciti avvenne in breve tempo ma furono molte le armi e gli ordigni abbandonati per le campagne.
La prima vittima innocente della lunga serie di disgrazie che si sarebbero potute evitare con un minimo di buonsenso e d’informazione, fu Fifuzzu Lentini, di nove anni e di cui ho già parlato. L’ ”incidente” avvenne nei primi giorni dell’occupazione, prima che gli americani avessero lasciato Villarosa e fu rubricato come infortunio dovuto alla naturale curiosità dei ragazzini che non prevedevano tristi conseguenze: in tempo di guerra chi comanda fa legge. E poi, chi doveva interessarsi? Il signor Lentini ancora prigioniero degli inglesi in India…?
Erano tempi di miseria e molti furono ossessionati dall’idea di utilizzare in un modo o l’altro quella massa di esplosivi a portata di mano, così ne furono stipati tanti in casupole di campagna e addirittura in paese.
Non passava settimana che si sentiva parlare di una vittima che, armeggiando con qualche mina anticarro o altro ordigno, saltasse in aria, lasciando figli e moglie in maggiore povertà. E questo durò per molti anni, anche dopo la fine del conflitto.
Un dei tanti casi: ricordo che si parlava di tal vecchietto che, nientemeno, voleva fare l'azzariatura o zappuni con una bomba a mano…!
I casi furono innumerevoli e non solo a Villarosa. Quello che mancò fu una sana informazione della popolazione prima che la guerra passasse: ma parlare di ciò alla gente sarebbe significato ammettere che qualcosa potesse non funzionare nell’avventura italiana e ciò era impensabile pretenderlo dal momento che si doveva confidare nella assoluta certezza della vittoria.
In verità ricordo che fu fatta molta pubblicità su giornali, volantini e manifesti a certi oggetti esplosivi che avevano la forma di penne stilografiche che venivano disseminate nel territorio dagli aerei nemici in volo. Qui però lo scopo era duplice, tenere all’erta la popolazione sui pericoli e far odiare il nemico che ricorreva a questi vigliacchi metodi di terrorismo. Ma la guerra era anche questo: “à la guerre comme a guerre!”
Ho parlato in altro mio intervento, sempre relativo ai fatti del 1943, dei bossoli di cannone inesplosi che per svariati anni rimasero stipati in bell’ordine sotto gli ulivi di fronte al cancello d’ingresso del cimitero. Altri ordigni furono raccolti alla meglio e radunati e conservati, non avendo dove porli, incredibile a dirsi, proprio dentro il Municipio!
Fu a circa 40 metri dalla finestra dov’erano sistemate tali bombe a mano che, sulla adiacente via De Simone, nel 1944 si consumò la più terribile tragedia ch’abbia potuto sconvolgere la nostra cittadina.
Era un pomeriggio d’agosto particolarmente caldo, io me ne stavo seduto all’ombra di fronte casa mia in via Notarianni, quando un’assordante esplosione mi fece sobbalzare. Tutti i vicini sconvolti uscirono fuori guardandosi in viso cercando di leggere una risposta in chi stava loro di fronte; le madri chiamavano i figli e ne facevano la conta, chi aveva familiare fuori o nei campi si disperava e non sapeva per quale direzione correre, quando poco dopo qualcuno che veniva dalla stradella (il corso Regina Margherita) portò la nuova che un’immensa colonna di fumo e polvere s’alzava da dietro l’orologio della piazza.
Alle spalle della casa natale di Vincenzo De Simone, sul corso,  c’era un piccolo cortile, tutto il caseggiato al di là di esso saltò in aria seppellendo molti degli abitanti ed anche un tranquillo passante: in tutto più d’una decina di persone innocenti furono stroncate anzitempo. Ricordo qualche cognome: parte della famiglia Sollami (si salvarono gli uomini che erano al lavoro in campagna e una neonata che la madre prima di morire schiacciata dal crollo ebbe il tempo utile d’una frazione di secondo per porla sotto il mobiletto della macchina per cucire, salvandola); il signor Lo Campo, nonno materno di Carmelo C. del Bar Centrale, fu quello che transitava per i fatti suoi…; d’ altri non ricordo i nomi.
I responsabili oggi sono tutti passati ad altra vita per cause naturali e quindi pace all’anima loro.
Il primo responsabile fu un vecchio che aveva ammassato tanta roba esplosiva in un sottoscala; era già passato più d’un anno dalla stupida raccolta e voleva ricavarne qualcosa di utile, così chiamò un meccanico per mostrargliela e riceverne un consiglio. Chissà cosa combinarono lì sotto, solo che quando si resero conto d’averla combinata grossa scapparono via salvandosi. Il maldestro tecnico della situazione era stato investito da una fiammata al viso e voleva far intendere che tanto gli era successo passando casualmente di là.
I fatti furono accertati e  i responsabili condannati, ma tanti poveretti persero la vita per la loro stoltezza.
« Ultima modifica: 26 Febbraio 2008, 00:06:18 da pazzotranquillo » Registrato

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« Risposta #59 inserita:: 25 Febbraio 2008, 10:21:45 »

Grazie osvaldo per questo racconto sconvolgente  Applauso
Purtroppo questa tragedia che ci hai raccontato fu frutto dell'ignoranza dei tempi...
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