pazzotranquillo
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« Risposta #7 inserita:: 08 Novembre 2007, 15:47:25 » |
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VILLAROSA. Il sottotenente di Fanteria morto nella guerra italo-turca del 1913. C’è un bassorilievo che lo ricorda Bellante, un vero eroe da raccontare
Si passa sempre più distrattamente davanti ai monumenti dedicati ai Caduti che spiccano nelle nostre piazze. Una volta l’anno, però, il 4 novembre, ci sentiamo in dovere di ricordare quegli eroi ognuno con la sua storia. Storie, come quella di Giacomo Bellante, sottotenente di Fanteria di Villarosa, paese nei pressi di Enna, primo Caduto nella lunga lista degli eroi della sua città natale. Bellante, ucciso nella guerra italo-turca nel 1913, ha addirittura un bassorilievo commemorativo nel corso principale di Villarosa. Nel 1913 nessuno avrebbe pensato, che nell’arco di 40 anni, a quel giovane eroe, sarebbero seguiti centinaia di altri Caduti in ben tre guerre. Bellante morì in una guerra imperialista, dopo una pace firmata, nel 1912 con i turchi, che annetteva la Libia all’Italia. Nel 1913 era chiaro allo Stato Maggiore dell’Esercito, che in Libia il nemico era ancora attivo e pericoloso. Si optò per un’operazione militare, che l’intelligence definì facile. Consolidati i passaggi verso la Tunisia, in Tripolitania, si tentò di "pacificare" anche la Cirenaica. In maggio, la città di Derna, porto chiave nel mediterraneo sotto controllo italiano, divenne la base di partenza per una serie di operazioni contro l’Esercito irregolare libico che aveva una base importante a Sud di Sidi Garbàa. In questo scenario si trovò a combattere il giovane Giacomo Bellante. Il «New York Times», che seguì quelle azioni da vicino, disse che l’Italia sottostimò il nemico. Gli italiani pensavano di aver di fronte circa 1000 guerriglieri senza artiglieria, ma non era così. Il nemico era dieci volte superiore e aveva l’appoggio di ufficiali turchi che fornivano armi e addestramento. Il 16 maggio del 1913 a Sidi Garbàa questo divenne palese. Gli indigeni, armati e ben addestrati, combattevano una sorta di jihad contro gli italiani. A loro poco importava di essere dominati. Per loro gli italiani erano prima di tutto infedeli. In quel territorio, che conoscevano benissimo, prepararono un’amara sorpresa. L’Esercito italiano schierava in tutta l’area circa 5000 uomini. Tra loro, il villarosano sottotenente Bellante, di 22 anni, prestava servizio al II battaglione del 7° Reggimento di Fanteria "Cuneo". A Sidi Garbàa, gli indigeni si fecero attaccare, simulando una ritirata in una zona impervia e tagliarono in due il fronte italiano con un’abile manovra. La Fanteria guadagnò velocemente terreno, anche grazie all’appoggio del tiro dei cannoni. Ma quando gli ufficiali superiori si resero conto di essersi allontanati troppo e di essere in trappola, fu troppo tardi. Gli italiani erano circondati e scollegati dal resto delle Divisioni. L’artiglieria turca, silente nella prima fase, iniziò a tempestarli di fuoco. Un inferno: panico, morte e distruzione presero il sopravvento. Ma l’eroismo di pochi evitò che quella battaglia, ormai persa, divenisse strage. Il 7° Reggimento di Fanteria era al centro di quell’inferno. Giacomo Bellante, al comando del suo plotone, diede prova di eroismo e di senso del dovere. Insieme ad un migliaio di commilitoni, contro un nemico dieci volte superiore, consentì una disordinata, ma utile ritirata. Le postazioni di Sidi Garbàa, abbandonate in fretta al mattino, saranno conquistate nella giornata dalle truppe indigene e con esse l’artiglieria e gli equipaggiamenti abbandonati nella precipitosa fuga italiana. Sul campo resteranno 79 uomini, tra soldati e ufficiali e 250 feriti. Secondo il «New York Times», ancora il 23 maggio, mancavano all’appello tra i ranghi 1000 uomini tra morti, feriti, prigionieri e dispersi. Tra quei Caduti il giovane sottotenente di Villarosa, Giacomo Bellante, che gravemente ferito durante la battaglia morirà sul campo. Ritrovato da un pari grado, verrà sepolto nel cimitero di Derna il giorno dopo. La tragedia di Sidi Garbàa colpì l’Italia. La propaganda minimizzava, ma i giornali stranieri davano la realtà della sconfitta. Ben presto l’opinione pubblica se ne rese conto. La Domenica del Corriere dedicò una copertina eloquente. A Villarosa la notizia giunse rapidamente per telegramma, il paese ne rimase colpito: "Giacomo Bellante, caduto eroicamente a Sidi Garbàa (…). Villarosa scriverà cosi nel Dicembre del 1913 sulla lapide che lo ricorda. Qualche parola per un eroe e la sua storia tra le mille che potremmo scoprire.
SERGIO DISTEFANO
Tratto dal quotidiano La Sicilia (pag.36) dell'8 novembre 2007
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