Tre metri sopra il cielo. È dove gli innamorati vivono le loro emozioni. È dove Step desidera essere ancora. Il tempo è trascorso, e due anni negli Stati Uniti, hanno allontanato i pensieri. Step è a Roma con la paura nascosta di ritrovare i vecchi fantasmi e con il desiderio di andare oltre. Di diventare adulto. Di vivere nuove emozioni, di incontrare nuovi amori.
Il successo del primo romanzo di Federico Moccia aveva creato il mito di questa storia adolescenziale, romana, illustrata nel film da Luca Lucini, che era riuscito nell'intento di raggiungere il pubblico più giovane, quello che il primo amore lo stava vivendo. Questo secondo lungometraggio, che ripercorre nuovamente le parole dell'autore del romanzo, co-autore della sceneggiatura, l'ha preso in mano l'iberico Luis Prieto, che è riuscito a dare un taglio ancora più diretto ai giovani, destinati a essere gli spettatori di riferimento.
Tutto è quindi più immediato, più televisivo, forse più acerbo del precedente e si comprende quanto sia il contenuto a comunicare più che la forma stessa. È Scamarcio il "physique du role" della situazione, e sono le sue gesta a parlare. La scena di sesso ardita con Laura Chiatti, le canzoni di Robbie Williams, le abitudini malsane dei giovani che si diluiscono nel tempo, gli incontri e i dialoghi leggeri, dipingono un quadro che è vicino a chi ha venti anni e non pensa che il tempo prima o poi passerà.
Ho voglia di te, incontra ciò che siamo a quell'età, lo mette in luce con estrema semplicità e ingenuità, e lo colora come un bambino con i pennarelli farebbe su un quaderno. Perché quello è l'unico modo per esprimere le emozioni.